Parlare di carne vegetale, tiramisù vegan, latte di mandorla, formaggio vegetale e che dir si voglia, si accompagna sempre a un malcelato fastidio da parte di chi proprio non riesce ad accettare che le persone vegan facciano proprio diciture e nomenclature che indicano ingredienti di origine animale o piatti che ne contengono. Ci sono però 3 semplici motivi per cui i vegani possono – e anzi dovrebbero, per la salute mentale di tutt* – usare nomi di piatti della tradizione in versione vegetale, come l’odiata carbonara veg. RICONOSCIBILITÀ Chiamare piatti vegan con il nome di quelli tradizionali, come “lasagne” o “cotolette”, li rende subito riconoscibili e richiama sapori, consistenze e profumi familiari. LEGITTIMAZIONE Parlare di “bistecca veg” o “latte di avena” non solo legittima agli occhi delle persone un prodotto, ma lo rende una degna alternativa a quello animale. Privare qualcosa del suo nome, gli sottrae automaticamente una posizione all’interno del mercato. SOSTANZA, NON GUSTO Quella vegan è una scelta soprattutto etica: chi la porta avanti, non rifiuta i sapori dei piatti della tradizione, ma non accetta la sofferenza che essi comportano. Ecco perché alcuni vegani cercano alimenti che richiamano i gusti della tradizione, senza che ciò comporti sofferenza. Quindi sì, è legittimo parlare di carbonara vegan, e pazienza se fa storcere il naso a qualcun*.