Fanno rumore le inchieste di “indovina chi viene a cena” a cura della giornalista Sabrina Giannini e “Sapiens” a cura del divulgatore scientifico Mario Tozzi. Che mettono a fuoco l’industria alimentare identificandone i punti deboli, le contraddizioni, l’impatto e il costo della produzione di alimenti a base animale. Tremano le associazioni del mondo zootecnico italiano che hanno infatti redatto una lettera congiunta diretta al direttore di Rai e Rai3 e al ministro delle Politiche Agricole accusando i giornalisti di aver collegato la pandemia da covid 19 agli allevamenti convenzionali. Non tardano ad arrivare le repliche Sabrina Giannini risponde “Questa è la dimostrazione che non hanno argomenti e se li inventano diffamando chi si appoggia a fonti ufficiali come Unep (dell’Oms) e Ipcc (il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite)”. E precisa: “Nella mia trasmissione non è mai stata collegata l’attuale pandemia da coronavirus al consumo di carne (se non quella di pipistrello) Mario Tozzi (riportate da “Il Salvagente”):“Come avrei potuto mettere in relazione il coronavirus e gli allevamenti italiani? Quella puntata è stata registrata nel 2019 quando il coronavirus ancora non c’era. Se invece ci si riferisce ai dati sull’inquinamento, di cui però la lettera non fa cenno, i numeri sono quelli dell’Ispra, c’è poco da dire.”
La Cina verso l’abolizione del consumo di carne di cani e gatti. La notizia arriva dopo il divieto dello scorso febbraio di consumare carne di animali selvatici (pratica sospettata della diffusione del Coronavirus) e dopo che è diventata la prima città cinese a vietare la vendita e il consumo della carne di cane e gatto, con una legge che entrerà in vigore dal prossimo maggio. In queste ore il ha escluso per la prima volta cani e gatti dall’elenco delle specie animali considerate commestibili a livello nazionale. La decisione arriva in una bozza di documento – che rimarrà fino all’8 maggio nella fase di “consultazione aperta” al pubblico per suggerimenti e migliorie – nella quale viene dichiarato apertamente che i cani sono animali “da compagnia” e non “bestiame”, in quella che rappresenta una svolta maturata sull’onda della pandemia da Covid-19.
La nuova frontiera della produzione alimentare alternativa a quella animale è il bacon vegetale: ad affermarlo è la rivista statunitense di economia Forbes, secondo la quale il trend della “pancetta senza pancetta” è destinato a decollare nel prossimo futuro. grandi e piccole realtà produttive hanno già lanciato sul mercato la propria versione della “pancetta vegetale”; tra gli ingredienti più utilizzati per la sua produzione troviamo tempeh – la cui richiesta globale è in continua ascesa la richiesta di alternative plant-based a questo alimento così popolare è in aumento, il che non può che essere un bene sia dal punto di vista etico che da quello della salute dei consumatori. Va ricordato, infatti, che nel 2015 l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva inserito la carne rossa (come la pancetta) tra gli alimenti cancerogeni probabili per l’uomo, mentre la carne lavorata era stata categorizzata come alimento cancerogeno certo per l’uomo: il rischio è spesso associato all’impiego di sostanze chimiche utilizzate nella lavorazione delle carni.
Sondaggio Nielsen: il Covid-19 secondo i cittadini europei ci dice che i consumatori in Grecia, Russia, Francia e Spagna sono più ottimisti rispetto ai consumatori in Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Turchia e Irlanda. La maggior parte degli europei crede che l’impatto di COVID-19 rimarrà qui per i prossimi 12 mesi, in Italia il 13% degli intervistati prevede una tempistica di riferimento di meno di 3 mesi; il 73% prevede una fascia temporale tra i 4 e i 12 mesi e il 14% di più di un anno. Per quanto riguarda gli acquisti c’è da dire che La spesa online in Italia e in Francia è aumentata vertiginosamente durante il periodo COVID-19 Si tratta di un cambiamento significativo che creerà una vera e propria rivoluzione in termini di abitudini di consumo. In Italia, il 75% degli intervistati dichiara di comprare meno presso i negozi fisici; il 13% di non aver cambiato abitudine rispetto a prima; l’8% afferma di non aver cambiato abitudine rispetto a prima.